Evoluzione del mestiere di recruiter

Evoluzione del mestiere di recruiter

Il mondo del lavoro è profondamente cambiato negli ultimi anni. Il mismatch che spesso c’è fra le professionalità richieste e quello che il mercato dei professionisti ha da offrire, trasforma alle volte la ricerca di personale in una vera a propria guerra dei talenti. In questa puntata di Colazione di Lavoro abbiamo parlato di alcuni aspetti che stanno caratterizzando in questi tempi la professione del recruiter, dando anche un occhio al futuro.

Stiamo ormai entrando nel tempo in cui l’esercito della forza lavoro è, e sarà sempre più, dominato da millennials, una generazione di talenti che sta richiedendo un cambio di strategia da parte di chi si occupa di selezionarli ed eventualmente invitarli a salire a bordo delle proprie organizzazioni.
La sfida si è accentuata e sta richiedendo il passaggio da un approccio reattivo ad uno proattivo. Se una volta un annuncio poteva anche bastare, oggi è spesso necessario muoversi attivamente nella ricerca e scovare i possibili candidati.
Da questo punto di vista è una fortuna che la tecnologia sia nel frattempo venuta in soccorso a supportare questa necessità. Una ricerca proattiva del candidato ideale non può prescindere oggi dal cosiddetto “social recruiting”, tanto diverso da una semplice pubblicazione di un annuncio su una job board. Infatti, così come un ATS (un application tracking system) va sempre più visto quasi come un CRM, un talento interessante va coltivato esattamente come un lead commerciale. La sua conquista va intesa come un processo lungo, non molto diverso da quello che portano avanti marketing e commerciale quando corteggiano un prospect per condurlo pian piano all’acquisto.
Questo lavoro di anticipo, soprattutto in contesti caratterizzati da turnover, può essere un vero toccasana. Può essere infatti molto utile iniziare prima che si manifesti la necessità, inviando ai profili interessanti per la propria organizzazione, mail, testi o video che introducono la propria azienda, chiedendo la disponibilità a valutare eventuali future proposte di lavoro. Sistematizzare questo processo all’interno dell’azienda significa creare una rosa di candidati in linea con le nostre aspettative a cui presentare una proposta di lavoro in caso ne subentri la necessità.
Altra evoluzione dei processi di recruiting che sta prendendo sempre più piede è il cosiddetto recruitment collaborativo, che soprattutto nelle grandi aziende si sta facendo strada, ed è usato per esempio, da Google, Amazon, Netflix, ecc.. Il recruiting collaborativo prevede il coinvolgimento nel processo di selezione di altri impiegati e manager. Questi, trasformandosi in recruiter per l’occasione, vedono migliorato il loro coinvolgimento aziendale in generale, le selezioni stesse si mostrano migliori ed il carico di lavoro dei recruiter veri e propri si alleggerisce.
Ma uno dei principali benefici di questo approccio è la trasmissione al candidato di un contesto aziendale collaborativo, positivo, un contesto nel quale ti piacerebbe inserirti come nuovo collega. RecruiterQuesto, senza dimenticare la condivisione dell’obiettivo di una selezione di successo, di un commitment sulla scelta candidato e poi sull’ onboarding del nuovo collega che si è contribuito ad inserire, che diversamente non ci sarebbe.
Sono diversi i momenti dell’intero processo di recruiting in cui avvengono le collaborazione fra recruiter, impiegati e manager coinvolti. Un primo ingaggio avviene nella fase di stesura delle job description e delle conseguenti inserzioni: in questa fase i colleghi possono supportare il recruiter nell’indicare i fattori chiave che possono rendere attrattiva una posizione.

Nella ricerca dei candidati adatti, il loro supporto può essere fondamentale. Possono operare da talent scout con efficacia e competenza, conoscendo dinamiche dei profili, sapendo correttamente interpretare certe competenze e contestualizzare certe attitudini all’interno della propria organizzazione. Ovviamente, sono in grado di sponsorizzare la propria azienda verso i candidati più ambiti.
Possono essere fondamentali nella fase di screening: pensiamo ad esempio alla valutazione delle competenze tecniche per le quali un recruiter, che per sua natura ha competenze generaliste, avrebbe un importante supporto. Oppure a colloqui sostenuti da impiegati che fanno lo stesso lavoro che farebbe il candidato una volta inserito.
Quest’ultimo metodo, oltre a supportare la selezione con il giudizio dei colleghi impiegati, ha un importante beneficio sull’attrattività della posizione: l’autenticità del colloquio, la trasparenza relativamente al contesto aziendale presente e condiviso da potenziali futuri colleghi, senza manager, rassicura e invoglia il candidato a sposare la nuova esperienza professionale.
Infine, gli impiegati non recruiter coinvolti nel processo possono contribuire in maniera determinante in un onboarding efficace, senza abbandoni prematuri e ponendo le basi per una retention nel medio-lungo termine.
Insomma, sono tanti i fronti verso cui questo processo si sta evolvendo, ed in molti di questi è la tecnologia, come dicevamo prima, a farla da padrone, in primis con l’intelligenza artificiale.
Sono infatti tante le ottimizzazioni che potranno essere realizzate sui processi di selezione che spesso coincidono con veri propri trend del mercato mondiale nel suo complesso. Il punto quindi non è che il mondo HR è anch’esso diventato il ricettacolo delle solite buzzword da startup, ma che, come altri settori aziendali, il “nuovo” prima o poi arriva, e cambierà molte abitudini.
Per esempio, molte delle soluzioni atte a rivoluzionare alcuni processi iniziano a basarsi sulla cognitive automation, le cui basi di sviluppo si basano su specifiche tecniche cognitive quali NLP (Natural Language Processing), Text Recognition, Text Analytics ecc.
Ancora: pensiamo a come queste tecnologie cambiano il marketing e conseguentemente il recruitment marketing: il modo di far vivere la candidate experience, partendo dalla conoscenza del brand aziendale fino alla possibile assunzione.
Insomma: c’è e ci sarà sempre più bisogno di strumenti e metodi più efficienti e creativi per il processo di recruiting. Molti di questi non potranno che arrivare, laddove non siano già arrivati, dai filoni tecnologici che stanno caratterizzando la digital transformation in azienda, soprattutto da quelli che riusciranno a garantire e magari migliorare, la componente umana di questo processo.


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